Abbiamo paura per le persone che ci sono state affidate, persone fragili sia in termini di salute che in termini emotivi e che oggi
sono ancora più a rischio

Abbiamo tutti una grande dose di ansia e preoccupazione da dover gestire.
E ci sono dei momenti in cui seriamente penso di non potercela fare.

Noi che per professione abbiamo scelto di vivere con le paure, le ansie e le preoccupazioni altrui, oggi dobbiamo farci carico reciprocamente anche delle nostre. Ci sentiamo impotenti, perché abbiamo capito che ci troviamo a gestire una situazione che non possiamo in alcun modo controllare, possiamo solo provare a contrastarla.

Abbiamo paura per le persone che ci sono state affidate, persone fragili sia in termini di salute che in termini emotivi e che oggi sono ancora più a rischio.

I nostri ospiti stanno pagando un prezzo molto alto. Le persone che ci sono state affidate subiscono questa “quarantena” in termini di chiusura.

Noi che abbiamo sempre lavorato con uno sguardo verso l’inclusione, verso l’importanza dello stare “fuori”… noi che crediamo davvero nelle reti sociali territoriali, oggi ci vediamo costretti a chiuderci dentro la struttura, a spiegare ai nostri ospiti che “fuori è pericoloso”.

Se prima ogni ingresso in struttura era una festa, era occasione di scambio e socialità, oggi non può più entrare nessuno.

Ed è davvero difficile spiegare ai nostri ospiti quanto è importante, per il loro bene, che per un po’ (ma quanto durerà, poi, questo po’?) non potranno fare le attività, non si potrà andare in fattoria, in piscina o a ippoterapia.

La domanda che mi è stata posta con più frequenza è stata: “ma è come un castigo?”.

Quanto è difficile far comprendere ai nostri ospiti che non è un castigo, che anche a loro, seppur per alcuni in maniera inconsapevole, è chiesto un sacrificio ed un piccolo sforzo per far sì che questo periodo passi.