FARFALLE IN ToUr. Quando lavorare sull’inclusione mette in rete creatività, formazione, riabilitazione e politiche green di cittadinanza attiva
Ne parliamo con Anna Laura Ventresca, educatrice professionale, referente sostegno territoriale integrato, cooperativa sociale La Rondine

Tutto inizia nel 2013. È marzo, e a noi piace pensare che l’avventura di Farfalle in ToUr prenda il volo proprio nei giorni in cui si comincia già a sentire aria di primavera.

A Torino, al Centro di salute mentale di via Spalato, sembra una normale giornata di lavoro, poi qualcosa accelera il ritmo dei gesti quotidiani e gli eventi cominciano ad arrotolarsi tra loro in modo assolutamente inaspettato.

Prima la proposta del dottor Gallino, primario dell’ambulatorio, di sperimentare anche a Torino un’attività già avviata a Milano per riportare le farfalle in città; poi il salto nel buio di coniugare farfalle e riabilitazione psichiatrica; infine l’entusiasmo di provare a dare concretezza a un progetto che subito diventa una potente metafora di uscita dall’isolamento per incontrare e abitare spazi diversi, luoghi che fino a quel momento erano del tutto inesplorati per le persone che frequentavano il CSM.

 

UN VIAGGIO NON SOLO DI FARFALLE

Sono passati sette anni da allora.
Il progetto oggi vede la collaborazione tra ASL Città di Torino, Centro di Salute Mentale, dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei sistemi dell’Università di Torino, le cooperative sociali Il Margine e La Rondine. Inoltre, dal 2018, fa parte di un grande progetto europeo, il proGIreg – Productive Green Infrastructure for Post-industrial Urban Regeneration: l’obiettivo è la costruzione di corridoi verdi e di oasi che permettano il ripopolamento di farfalle delle aree urbane, gestiti e curati dagli utenti delle due cooperative.

Nella pratica, però, Farfalle in ToUr si è rivelato “un viaggio non solo delle farfalle”, ma un viaggio di crescita per persone che vivono un disagio e di empowerment tra tutti gli attori che vi partecipano.

 

PRIME IDEE PER UN PROGETTO

Te lo aspettavi quando avete cominciato a elaborare le prime idee in quel lontano marzo 2013?

Beh, diciamo che me lo auguravo! All’epoca lavoravo ancora con la cooperativa Il Margine e con le mie colleghe, da subito ci è stato chiaro che la forza del progetto era proprio nella possibilità di lavorare sul tema dell’inclusione in modo nuovo. La sfida era riuscire a mobilitare i saperi e le capacità residue delle persone che seguiamo, facilitando il loro re-inserimento sociale e costruendo anche occasioni di lavoro reale, seppur protetto.

Per noi il concetto di inclusione, doveva necessariamente passare attraverso la costruzione di relazioni e la possibilità di offrire ai nostri utenti e alle loro famiglie luoghi dove sperimentare una qualche forma di cittadinanza attiva sul territorio, magari provando ad attivare un dialogo tra soggetti tradizionalmente distanti.

Così, dopo aver incontrato i coordinatori del progetto milanese, abbiamo capito che noi volevamo una cosa completamente diversa per Torino: non volevamo “semplicemente” seminare degli spazi verdi e aspettare l’arrivo dei lepidotteri, volevamo cercare di capire le cause per cui le farfalle non riuscivamo più ad abitare le nostre città. Volevamo attivare conoscenza.

Da qui il fortunato incontro con il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino e con l’équipe della professoressa Simona Bonelli e la sua proposta di monitorare in modo scientifico le farfalle in aree urbane.

 

FARE RETE E RIUNIRE ATTORI DIVERSI INTORNO A UN PROGETTO

Direi un incontro decisamente virtuoso: l’Università, la cooperazione sociale, le persone seguite dal Centro di salute mentale… Non mi sembra esistano molti altri precedenti o sbaglio?

Effettivamente si tratta di una collaborazione abbastanza unica, soprattutto se si considera che normalmente tutto il mondo legato alla salute mentale e alla fragilità riscontra scarsa credibilità. Invece, già nel 2014, siamo riusciti ad attivare una convenzione tra ASL, Università e cooperativa il Margine. Ogni ente avrebbe sostenuto, ciascuno con le proprie competenze, il programma: formazione da parte dell’Università; spazi verdi da parte del CSM e dell’ASL di competenza; l’area verde dell’Orto che cura da parte della cooperativa Il Margine, dove piantumare le piante e preparare semi. Inoltre, sempre la cooperativa garantiva le ore educative e il lavoro degli operatori dell’Area Lab per creare un sito web del progetto a carattere divulgativo.

Mi piace sempre ricordare la forza, l’entusiasmo, il tempo e la fatica che educatori ed educatrici hanno profuso nel progetto e come ancora oggi continuino a farlo.

Sono proprio gli educatori che nel loro quotidiano, con il loro fare assieme agli utenti, rendono il progetto realizzabile, affrontando la complessità che un intervento di questo tipo necessariamente comporta.

 

OCCASIONI PER ATTIVARE L’INCLUSIONE SOCIALE

Nel concreto, come si è tradotto sul territorio torinese Farfalle in ToUr? Il progetto ha offerto quelle occasioni di inclusione da cui siete partiti?

Nelle nostre intenzioni, occuparsi delle farfalle significava anche prendersi cura della propria città, provare a rendere più bello l’ambiente urbano che viviamo, rendendo al contempo più visibili i nostri utenti, che in questo modo diventavano protagonisti attivi di una piccola grande bellezza.

E così è stato: creando delle oasi verdi nei servizi di salute mentale, con la partecipazione dei soggetti pubblici e del privato sociale, coinvolti attivamente nella cura, abbiamo anche creato nei quartieri luoghi in cui incontrarsi e tessere nuovi rapporti.

Poi c’è tutta la partita della formazione. Tengo in particolare a ricordare che nel 2016 abbiamo vinto un bando del centro di servizio per il volontariato Vol.To, con un progetto per un percorso intergenerazionale che vedeva la partecipazione degli utenti e familiari dell’Alzheimer Cafè, alunni e familiari della scuola primaria “Battisti”, utenti e familiari dell’Asl città di Torino.
Grazie al contributo del bando, abbiamo potuto riprogettare il sito web, monitorare l’area focus che ci era stata affidata (via Luserna di Rorà) attraverso la conta delle specie avvistate e la ricerca degli stadi preimaginali (uova e bruchi) per verificare la fruibilità dell’habitat.

 

FARFALLE IN ToUr INCONTRA PROGIREG

Nel 2018, Farfalle in ToUr trova un nuovo respiro all’interno del progetto europeo Pro.Gi.Reg, e qui arriviamo a oggi, che ti vede sempre animatrice del progetto, ma con la cooperativa La Rondine.

Sì, la collaborazione con Pro.Gi.Reg ha allargato gli orizzonti di Farfalle in ToUr. La durata prevista è di 5 anni e vedrà la realizzazione, nel quartiere di Mirafiori Sud, di soluzioni verdi come orti scolastici e di comunità, tetti verdi, pareti verdi, giardini pollinator friendly per favorire la diffusione di insetti impollinatori.

Per le due cooperative coinvolte, questo significa otto borse lavoro per i nostri utenti (quattro per La Rondine e quattro per Il Margine) e la possibilità di continuare sia l’attività di formazione rivolta ai cittadini interessati sul tema farfalle, sia di cura concrete delle aree verdi.

 

IL PROGETTO CONTINUA

Questi ultimi mesi sono stati travolti dall’emergenza Covid: proviamo a guardare oltre?

Chiaramente l’emergenza ci ha costretto a rimandare tutte le attività all’aperto e abbiamo perso i mesi primaverili. Però il progetto non si è fermato e attraverso il Contest che è stato appena inaugurato sul Web, abbiamo potuto coinvolgere ugualmente i nostri utenti in attività di formazione.

Guardando oltre, il grande tema è come continuare a dare sostanza e sostenibilità a Farfalle in ToUr: il progetto è molto interessante e coinvolge davvero tanti soggetti della nostra città che, insieme, possono generare esperienze reali di inclusione.

La voglia di continuare a costruire del pensiero intorno è quindi tanta!

 

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